Palermo è la città natale del giovane artista Alessandro Raimondi.
Le composizioni di grande formato, realizzate con colori acrilici e drastici accostamenti cromatici, celano sotto un “apparente decorativismo” una critica alla ipertecnologica società contemporanea.
Le geometrie dei quadri rappresentano memorie di scorci di metropoli contemporanee, così squadrate, efficienti, perfette ma al contempo luoghi di solitudine, appiattimento e chiusura dell’uomo imprigionato nel caos di una realtà altamente tecnologica ma vuota nella sua essenza ed effimera nei contenuti.
I luoghi rappresentati sono angoli metropolitani, visioni grandangolari di spazi sempre più edificati, di cui l’uomo è allo stesso tempo ospite e prigioniero.
Siamo prigionieri di geometrie architettoniche e mentali: i quadrati, i rettangoli, le geometrie dei quadri rappresentano le gabbie, le prigioni e gli schemi mentali, e anche se nella loro rappresentazione pittorica introducono un apparente senso di serenità diventano metafora della crescente geometrizzazione dello spazio sociale degli ambienti in cui viviamo.
Siamo miliardi di persone sempre più interconnesse e mobili, le città sono sovrappopolate, le comunità virtualmente social, gli spazi reali sempre più densamente abitati, le architetture incombenti e sovraffollate ma nonostante ciò una solitudine incolmabile pervade l’esistenza contemporanea.
Esiste però una via di fuga e in ciò risiede un messaggio di positività (veicolato nei quadri tramite l’eccesso cromatico): muoversi, lasciarsi catturare dalle immagini e dal colore che la città offre ad ogni angolo reinterpretandone il senso, cogliendone i dettagli e le suggestioni, accettando il flusso senza opporsi ad esso, alla ricerca della piacevolezza dell’esperienza della vita, portando il bello riuscendo ad immaginarlo anche dove sembra non ci sia: i quadri suggeriscono di osservare una strada secondaria, un’architettura industriale, una moderna piazza di palazzi in cemento, un supermarket, la periferia, cercando di interpretare la realtà in una prospettiva inedita che stimoli lo sguardo dello spettatore alla ricerca di dettagli di bellezza in ciò che normalmente è considerato brutto.
Per questo i quadri sono spesso dei trittici scomposti, perché chi guarda può scegliere come e cosa vede, e in che modo lo vede, rendendosi così compartecipe del processo creativo/interpretativo della realtà.
Alessandro Raimondi lavora sulla memoria dei luoghi e degli spaccati urbani che hanno avuto un valore emotivo, fisico o anche di forte impatto visivo e sul modo in cui la mia memoria li rielabora in prospettive immaginifiche esasperandone la percezione cromatica e sfumandone i contorni per rendere in termini oggettivi la sensazione del ricordo.
Nella sensazione di positività (veicolata da un attento studio cromatico) che l’osservatore prova nel guardare i quadri,
per il giovane astista siciliano esiste una via di fuga e risiede in un messaggio: La geometria dei quadri assurge a denuncia di un esistenza contemporanea sempre più inquadrata e schematica che pochissimo lascia all’interpretazione e sottrae alla burocrazia.
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