Palermo è una città bellissima, ma non mancano i problemi e i difetti. Sembra infatti che tra i difetti cittadini ci sia quello di
non amare molto i colori. Se passeggiamo per la città notiamo una passione smisurata per il grigio cemento, il nero pece, qualche marrone e beige delle facciate dei condomini, ma poco veramente poco di verde foglia, rosso pomodoro o viola melanzana.
Questa voglia di colori evidentemente qualcuno la sente e ha deciso di creare una tavolozza cromatica che sia bella, ma soprattuto buona, come ad esempio i ragazzi di Orto Capovolto.
Nello specifico si tratta di una cooperativa che promuove l’agricoltura urbana quale strumento di sostenibilità ambientale, economica e sociale. I ragazzi di Orto Capovolto hanno l’obiettivo (forse un po’ utopistico a Palermo, ma per questo ci piace) di creare un orto diffuso in tutta la città. Un progetto in cui i balconcini, le terrazze e le aiuole possano diventare i nostri orti in cui piantare cibo di stagione e al contempo colorare un po’ più Palermo.
Inoltre, Orto Capovolto organizza corsi per piccini e adulti con la volontà di sensibilizzare quante più persone possibili al bello e al sano..
Proprio come Sicily and Sicilians provano a migliorare una città nel loro caso, l’intera regione nel nostro, ed è per questo che abbiamo posto alla direttrice di Orto Capovolto, Angelica Agnello, qualche domanda.
Descrivete il progetto Orto Capovolto con tre aggettivi
Verde, ecologico, commestibile.
Quando avete deciso di metter su questo progetto sociale ed ecologico?
Quasi due anni fa mi è capitato di dover progettare un orto su una terrazza di copertura di un’abitazione, così ho cominciato ad approfondire il ruolo dell’agricoltura urbana quale strumento sostenibile per una città e i suoi abitanti. Poco tempo dopo con un gruppo di amici, provenienti da ambiti professionali differenti ma accomunati dallo stesso interesse nel rendere Palermo più verde e “commestibile”, abbiamo pensato che sarebbe stato bello mettere chiunque nelle condizioni di poter coltivare qualcosa anche in spazi spesso impensabili: abbiamo quindi fondato la cooperativa provando a partire innanzitutto dai bambini, in modo da contribuire a una nuova generazione più attenta ai temi ambientali e alimentari.
Immagino che le difficoltà e le critiche non vi siano certo mancate. Ma c’è stato un episodio che per un attimo vi ha fatto pensare “Palermo non è adatta a questo tipo di attività”?
In realtà no. L’unico episodio che mi viene in mente è quando, durante la realizzazione di un orto didattico in una scuola, ci siamo più volte scontrati con un gruppo di vandali del quartiere, che ogni volta che impiantavamo l’orto provvedeva a distruggere il lavoro fatto. È stato soprattutto difficile far comprendere agli studenti che aderivano al progetto che l’importante è non arrendersi mai: ogni volta che una piantina veniva estirpata dovevamo piantarla nuovamente, è vero, ma alla fine quelle piantine sono riuscite a dare i loro frutti e abbiamo imparato una nuova lezione insieme.
In un’Italia, e in Sicilia ancora di più, in cui sembra non cambiare mai molto, quanto ha influito e sta influendo, secondo voi, il vostro lavoro nel territorio e tra la gente?
Magari ho una visione distorta della realtà, ma penso che la Sicilia ultimamente stia cambiando. Forse lo penso perché conosco tanti giovani siciliani che hanno deciso consapevolmente di restare e altri che oggi tornano perché hanno scelto di dedicarsi alla propria terra.
Noi siamo ancora una realtà troppo piccola per influire realmente in un territorio così vasto come quello di Palermo, ma siamo molto orgogliosi dei piccoli passi fatti in questi due anni, ad esempio con i bambini e ragazzi delle scuole con i quali abbiamo realizzato diversi orti didattici.
Che differenti reazioni e approcci hanno i bimbi e gli adulti davanti il vostro modo di lavorare?
Gli adulti si dimostrano, ovviamente, molto interessati al tema dell’autoproduzione perché negli ultimi anni si sono resi conto di quanto sia importante un’alimentazione sana e il rispetto dell’ambiente (nonché il risparmio in termini economici che ne deriva). I bambini, invece, si divertono, ma lo fanno imparando dei concetti fondamentali, quelli di una corretta educazione alimentare e ambientale: amano sporcarsi le mani con la terra, osservare le piante sul campo e, nel momento in cui raccolgono finalmente i primi prodotti maturi, sono molto orgogliosi del lavoro svolto.
Come vi vedete tra dieci anni?
In una città più verde e più “commestibile”, ma soprattutto più sostenibile a livello ambientale, economico e sociale. E speriamo questa trasformazione avvenga anche grazie a piccole realtà locali come la nostra.
Sicily and Sicilians è un progetto culturale che vuole proporre una nuova immagine della Sicilia attraverso la giovane arte contemporanea e al contempo di promozione dell’isola all’estero. Che idea avete riguardo a progetti come il nostro?
Penso che sia molto importante raccontare “le buone pratiche”. Forse perché ogni volta che leggo di palermitani che decidono di investire sul futuro della nostra terra penso di avere fatto bene a scegliere di restare.
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