Può la letteratura siciliana spronare i giovani a dare il massimo in un’epoca dominata dal precariato e deformata dal dilemma della post-verità e dalla svalutazione di una cultura globalizzata ma sempre più frammentata?
Abbiamo intervistato Annalisa Arcoleo, filmaker e giornalista palermitana al suo primo romanzo, per capire come conservare e coltivare al meglio i valori di una Terra che da secoli e senza stratagemmi riesce a comunicare bellezza e tradizione in un gioco dove volti e sogni a volte si confondono, altre si scontrano con la realtà del Bel Paese.
I. Cara Annalisa, parlaci brevemente di Runk – Una vita in 30 giorni: da dove nasce l’idea ma soprattutto la vocazione di pubblicare un libro?
La passione per la scrittura è nata con me, non c’è un periodo della mia vita che ricordo di aver passato senza una storia nella testa da voler mettere per iscritto! Raccontare storie, in qualunque forma, è da sempre il mio obiettivo e la mia passione più grande: non solo libri, mi sono avvicinata al giornalismo iniziando da Palermo e scrivendo recensioni cinematografiche per un magazine. Nel frattempo ho approfondito il campo del cinema e della sceneggiatura diplomandomi all’ACT di Cinettà come filmmaker. Sembrano cose sconnesse, ma ascoltare le persone, intervistarle, entrare a far parte cosí da vicino – anche se per un breve momento – delle loro vite, e “sentire” le storie raccontate in un film, è per me estremamente collegato alla scrittura. Le storie non possono che nascere dall’esperienza, e per accrescerla si deve conoscere. E non c’è metodo migliore di ascoltare e arricchirsi dalle parole altrui. L’amore per il cinema mi ha anche aiutato da sempre a immaginare le mie storie come se fossero letteralmente proiettate nella mia testa. Runk non prende spunto da nessun racconto in particolare, ma proprio ascoltando o intervistando le persone in questi anni, mi sono accorta che c’è un tema molto piú comune di quanto pensassi: lo spreco del tempo. Pensiamo di poter rimandare sempre qualunque cosa, che sia un viaggio o un caffè con un amico; o peggio ci raccontiamo che accettare un cambio di percorso momentaneo nella nostra vita (come accontentarsi di un lavoro che non rientra in ció che ci piace), non ci allontanerá dal seguire le nostre passioni. Per i tempi che corrono, c’è bisogno di tutto: di un lavoro, di uno stipendio, ma anche dei sogni. Runk, nel suo piccolo, vuole far capire che è possibile fare entrambe le cose, che meritiamo di vivere bene, seguendo semplicemente ciò che siamo. È ció che fa Mario Galanti, protagonista del libro, dopo aver sognato un bambino che pronuncia le parole “trenta giorni”. Dopo essersi interrogato sul cosa vorrebbe dire avere l’ultimo mese di vita, si rende conto di aver sprecato i suoi trentacinque anni, ma si accorge anche che non è mai troppo tardi per recuperare.
II. In che modo pensi che Runk riesca a valorizzare la Sicilia e le sue eccellenze?
Sono nata e cresciuta a Palermo, ho vissuto le bellezze della nostra terra e sono molto orgogliosa dei valori che ci portiamo dentro. Ho ambientato il libro in Sicilia, senza specificare la città, proprio perché penso che ad essere unica sia proprio la nostra terra, e non una singola parte di essa. Mario è genuino, sognatore, si da da fare, ha un forte senso dell’amicizia, della famiglia e dell’amore. Ha dei valori che gli sono stati insegnati, e che vengono ritrovati negli altri personaggi del racconto. Questo perché per me i siciliani sono così, i miei amici e la mia famiglia sono così. Creiamo dei legami unici al mondo; nel mio caso (e sono sicura che molti lettori si rispecchieranno), gli amici sono una seconda famiglia. C’è un senso di protezione, rispetto e amore che intercorre in tutti i nostri legami, sempre autentici. E poi c’è il mare, che si incontra con le montagne; e il cibo, tanto amato e citato da Mario, in particolare la pasta al forno di sua mamma! Ho voluto raccontare questo della Sicilia, perché mi sono resa conto in prima persona che nonostante da parecchi anni io mi sia ritrovata a viaggiare tra Roma e New York, arricchendomi di esperienze uniche e crescendo molto, una cosa è rimasta la stessa: i valori citati sopra. La Annalisa di Palermo è sempre lì, i suoi amici e la sua famiglia sono sempre lì, ed è bello tornare e ritrovare quel luogo che rimane immutato anche quando sei cresciuta tanto! Runk parla di tutto questo, e credo sia bello far conoscere un lato della Sicilia che si puó conoscere solo entrando nel cuore dei suoi abitanti, e li fa conoscere per ciò che sono. I paesaggi meravigliosi – seppur citati nel libro – li conosciamo, ma il cuore delle persone… è tutto da scoprire.
III. La tematica del conto alla rovescia presente nel libro non è nuova alla letteratura e al cinema e richiama subito alla mente un cult come Donnie Darko. Oltre a voler creare attesa e quindi suspense nel lettore, come mai hai deciso di utilizzare questo stratagemma?
In questo caso, il conto alla rovescia così breve (un mese) serve a far capire al lettore che davvero non c’è più tempo. Se Mario avesse fatto un sogno in cui un bambino gli avesse detto “dieci anni”, non si sarebbe dato così tanto da fare. Ma un mese, è pochissimo paragonato ai trentacinque anni già trascorsi del protagonista. Un tempo così breve a disposizione lo sprona a dare il massimo in tutto, inizia a stilare una lista delle cose da fare e a scrivere un diario che – spera – sarà di aiuto a chi lo leggerà dopo la sua morte (se veramente avverrá in trenta giorni). Mario vuole recuperare il tempo perduto, ma allo stesso tempo è altruista, non vuole che altri cadano nel suo errore e cerca a modo suo di salvarli. Al contrario di Donnie Darko – film che amo, da brava filmmaker – Mario non cerca di capire o di cambiare le cose: accetta il suo presunto destino e cerca di trarre il meglio da questa storia. È una persona molto positiva, affronta le difficoltà con il sorriso e con tanta ironia, condivisa col suo amico di infanzia Carmelo. Lo vediamo crescere e raggiungere i suoi piccoli obiettivi giorno dopo giorno, con una narrazione che segue passo dopo passo il suo presunto ultimo mese di vita, cosa che a detta di chi ha letto il libro è stata fortunatamente molto apprezzata! Non ha sogni imponenti, anzi il contrario: sono piccoli desideri perfettamente realizzabili in trenta giorni, e forse questa volta riuscirá a farlo.
IV. Un’altra tematica affrontata dal romanzo è sicuramente quella del prendere in mano la propria vita. Partendo dalla celebre frase tratta dal film This must be the place che recita «Passiamo dall’età in cui si dice “un giorno farò così” a quella in cui si dice “è andata così”», cosa consiglieresti ai giovani siciliani che hanno sogni, energia e voglia di mettersi in gioco per riuscire a vivere serenamente?
Come molti ragazzi della mia generazione, anche io mi sono trovata in un periodo che sembrava essere buio e senza alcun futuro. Niente lavoro, niente prospettive per un futuro migliore, il doversi arrendere e mettere da parte i propri sogni, doversi quasi sentire fortunati di trovare un lavoro che quasi mai è quello per cui hai studiato! Sono cose che ancora oggi stento a credere: tempo, studio, fatica, soldi, energie spese per prepararsi a qualcosa nel campo desiderato e che possibilmente non verrà mai realizzato né tantomeno ripagato degli sforzi e sacrifici. Perché? Ognuno spicca in una cosa, in quella cosa che lo contraddistingue e che lo rende speciale; che sia una dote artistica, manuale, meccanica, culinaria, qualsiasi cosa che rende quella persona unica e in grado di fare della sua capacità e passione il proprio lavoro. Quindi no, non capiró mai il perché ci si debba accontentare, mi sembra di andare contro la natura della persona. Quando è successo a me, quando mi dicevano di prendere una “laurea seria” – testuali parole, perché evidentemente il cinema e la scrittura in Italia non sono ancora considerati un lavoro come gli altri – ho risposto insistendo ancora di più sulle mie passioni: sono andata a New York e ho iniziato degli stage in diverse testate giornalistiche, imparando l’inglese, aprendo la mia mente a nuove idee e culture, migliorandomi in tutto ciò che ho potuto e poi tornando nel mio Paese, più forte e sicura di prima. Dunque quello che posso consigliare è di non arrendersi mai, di trovare un modo per non sprecare il tempo, di arricchirsi di esperienze, di insistere, di inventarsi un modo per continuare se necessario. I cosiddetti “lavoretti” per sopravvivere vanno benissimo, anche perché dobbiamo pur vivere di qualcosa. Ma allo stesso tempo, mai abbandonare quello per cui abbiamo studiato, lottato e voluto per noi stessi. In altre parole, mai tradire noi stessi.
V. In merito a te invece, qual è lo stimolo più importante che ogni giorno, nonostante le difficoltà, ti fa andare avanti nei tuoi progetti impegnandoti al massimo?
Le persone. O meglio, il poter dare qualcosa alle persone. Mi reputo fortunatissima per diversi motivi: innanzitutto perchè sono sempre stata circondata da gente meravigliosa, e mi rendo conto che non è una cosa così scontata; poi perché sono curiosa, e non potrei far passare un singolo giorno senza imparare qualcosa di nuovo; e infine perché sono estremamente consapevole di quanta bellezza ci sia nel mondo. Tutto questo, messo insieme, è lo stimolo più grande per continuare, perché vorrei che tutti avessero questa fortuna di vedere il mondo per come lo vedo io. Se riuscissi a dare attraverso i miei libri anche un poco di tutto questo ad ogni lettore, già mi sentirei realizzata. I momenti negativi li ho avuti anche io, come tutti. Ma non rimpiango nulla, c’è sempre da imparare. Tutto ti fa crescere, tutto ti servirà prima o poi. E sicuramente il mondo è pieno di cose negative, basta accendere il telegiornale per sentirne parecchie. Ma l’unica risposta che si può dare a chi cerca di spegnerci è: a noi la voglia di vivere non ce la togliete!
VI. Come pensi che le tue origini sicule abbiano influito nella stesura del romanzo? E in cosa il personaggio di Mario Galanti è prettamente siciliano a tuo parere? Sia nel bene che nel male.
Se non fossi nata e cresciuta in Sicilia, non mi sarei mai resa conto di quanto fortunata io sia. Nella mia esperienza americana ho visto posti bellissimi, ho conosciuto persone di ogni etnia e imparato tanto. Ma noi abbiamo una cosa che non si ritrova in nessuna parte del mondo: l’unione, la purezza, la bontà, l’umiltà, il senso di famiglia unico. Mi sono resa conto che tutto questo fa parte di me perché fa parte direttamente della mia terra, e che mai niente potrà cambiarlo. Non sono la sola, conosco siciliani fantastici che hanno questa stessa fiamma dentro, che non può essere spenta. Non si tratta di una bontá ingenua, anzi il contrario; è purezza, e ne vado molto fiera. Essere veri è un privilegio, nonostante molti cerchino di farlo passare per difetto. Mario è vero, nel bene e nel male. Sai di poter contare su di lui, sai che le cose a cui tiene sono poche ma saranno sempre le stesse: famiglia, amici, la sua Anna, il mare, e la pasta al forno di mamma. Per me, Mario Galanti è prettamente siciliano nel suo essere vero. Come dicevo, ho girato molti posti, ma alla fine la sensazione più bella è quella di tornare nel tuo luogo immutato, nel tuo rifugio fatto di posti e persone che saranno sempre lì e sempre allo stesso modo per te. Tutti cambiamo, ma la sicilianità nel cuore resta la stessa.
Grazie Annalisa per il tempo che ci hai concesso e per le brillanti risposte che ci hai dato. Ci auguriamo siano fonte di motivazione e ispirazione per i nostri lettori. La Sicilia e l’Italia tutta hanno bisogno di persone come te, che con forza energia e impegno sei riuscita a realizzare i tuoi progetti! Non ci resta che farti un in bocca al lupo per il tuo futuro, alla prossima!
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